Chi sono

Sono Giovanni Albertini, psicologo clinico e del lavoro, e laureato in Filosofia e specializzando in Psicoterapia Breve Strategica.

Mi occupo di consulenza psicologica, supporto psicologico e sviluppo della performance utilizzando i modelli appresi al Centro di Terapia Strategica, cioè il modello di Problem Solving Strategico e il modello di Coaching Strategico.

Durante la mia formazione ho avuto modo di lavorare sia con le persone in ambito clinico, avendo fatto per tre anni parte del team del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, lavorando a stretto contatto con il prof. Giorgio Nardone, sia in ambiti organizzativi, avendo fatto da consulente, formatore e coach per aziende nel settore bancario e per sportivi di alto livello.

Supporto Scolastico

Ad ogni studente o studentessa capitano dei passaggi ‘ostici’ durante il percorso, come il passaggio da una scuola all’altra, gli ultimi anni di scuola o dell’università, in una data materia o con un dato professore.

I problemi in cui gli studenti e le studentesse tendono a inciampare sono generalmente di quattro tipologie:

1- Mania di perfezionismo

2- Il blocco dello studente

3- Il terrore a scuola

4- Il senso di incapacità

Ognuno di questi ostacoli può presentarsi da solo o in concomitanza con altri, e per ognuno il modello strategico ha ideato delle strategie mirate a risolvere il problema nel modo più efficace ed efficiente possibile.

Lo studio e la mania di perfezionismo

Questo subdolo trabocchetto capita a “quelli bravi”.

Studenti e studentesse molto capaci, spesso con ottimi voti e una certa passione per lo studio e per la riuscita nel proprio compito, che è percepito come sfidante.

Più ci si appassiona di certi argomenti o più si desidera approfondirli o riuscire, più ci si rende conto che rimangono ancora molte cose da scoprire. Ci sono cose che si sanno molto molto bene, e altre delle quali ci si rende conto di essere terribilmente ignoranti.

Quando si giunge a questa consapevolezza si passa dal desiderio di sapere alla paura di sbagliare; per la paura di sbagliare non ci si sente mai completamente pronti.

In questo precipizio non cadono soltanto gli studenti e studentesse perfezionisti, ma anche coloro che stanno preparando l’elaborato finale per la laurea. Cercando di fare un lavoro completo ed esaustivo si trovano a investire molto tempo nel perfezionamento del proprio lavoro, ma senza riuscire a portarlo a termine.

Il blocco dello studente

Il blocco dello studio ha, visto da fuori, e anche dal dentro, del paradossale.

Si tratta di quello studente o studentessa che vorrebbe fare, studiare, imparare, ma quando si mette davanti al libro sembra osservare un oggetto misterioso e arcano. Incomprensibile, intraducibile.

La volta successiva sentirà ancora di più di volersi mettere “sotto”.

Ma se il tentativo non funziona ecco che si innesca la spirale di frustrazione e sperimentazione di incapacità che conduce ad uno stato di apparente mala voglia, ribellione.

Si sperimenta proprio il paradosso dell’impossibilità di studiare spontaneamente.

Come Tantalo, ogni volta che lo studente cerca di abbeverarsi alla fonte della conoscenza, la fonte si asciuga e lo studente rimane a bocca asciutta.

Il terrore a scuola

Per terrore a scuola si intende proprio la manifestazione di paura più classica. Se pensiamo alla paura “da film” ce ne vengono in mente subito due tipologie: scappare e rimanere pietrificati lì sul posto.

Chi ha frequentato le scuole e le università conosce benissimo questo tipo di problema, o perché prima o poi l’ha vissuto in prima persona o perché è capitato di vedere qualcuno sperimentarlo. È infatti la cosa più “normale” in qualsiasi posto dove si studia.

L’ostacolo dell’interrogazione sembra insormontabile, soprattutto di fronte a quel “mostro indisponente” che è l’insegnante di turno. E gli studenti e le studentesse reagiscono spesso in questi due modi, o si bloccano – la famosa scena muta –, o scappano il più possibile da quella situazione, di cui anche il solo pensiero è spaventoso.

Il problema è che prima o poi i nodi vengono al pettine e se non si riesce ad uscire da questo pavor le conseguenze possono essere spiacevoli per lo studente sia da un punto di vista della considerazione di sé, sia, a lungo andare, del proprio profitto scolastico.

Il senso di incapacità

Sentirsi incapaci può essere capitato in alcune situazioni a chiunque. Il problema non tanto è in questa pur gradevole sensazione, quanto nel suo continuo reiterarsi nel tempo.

Lo studente o la studentessa che sperimenti il pensiero di essere diversamente capace rispetto ai propri compagni corre il serio rischio di sabotarsi lungamente.

Da una parte può subentrare il senso di colpa nei confronti delle persone che cercano di aiutarlo, “ma io non sono in grado”, e allora siccome ci si prova e non ci si riesce, tentare diventa frustrante e si rinuncia.

Può innescarsi, all’opposto anche una rabbia, una ricerca di rivalsa nei confronti della famiglia, della società, della scuola, nemici da cui si cerca di difendersi, incrinando ancor più la propria autostima, fino al punto in cui per la sensazione di sentirsi incapaci si costruisce la propria effettiva incapacità.

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